Articolo per Vulcano, periodico di Decimomannu
(pubblicato sul n.33, anno 2003)
Musica di Repubblica, supplemento settimanale del quotidiano
(pubblicato sul n.388 del 7 agosto 2003)
E MISTER REED SBARCO’ IN SARDEGNA
di Tonino Uscidda
Olbia, Luglio
Già, proprio così.
Chi l’avrebbe mai detto? E pensare che Lou - newyorchese di Brooklyn e figlio di una altolocata famiglia middle class di Long Island - voleva ritirarsi dalla scena fin dai tempi dei Velvet Underground, il gruppo degli esordi: “già stanco a vent’otto anni – ebbe a dire l’inquieto e incontrastato leader - del music business….”. Correva l’anno 1970.
Oggi invece ritroviamo “il poeta disperato” - dopo oltre trentacinque anni di grande carriera e di eccessi - sul palco del molo Brin di Olbia (!) a riproporre un repertorio lungo ed emotivamente profondo come le rughe che gli attraversano il viso.
Agli albori del XXI secolo, oltre a Lou Reed (all’anagrafe Louis Firbank) ci sono pochi altri “old fighters” così tenaci e vitali: Neil Young, Van Morrison, Bob Dylan, la “poetessa” Patty Smith. Con quest’ultima duetterà sorprendentemente (evento unico e irripetibile?) due giorni dopo sullo stesso stage del molo olbiense.
Il concerto
Veramente niente male il riccioluto sessantunenne Mister Reed e la sua band visti domenica 27 luglio nella città gallurese: ennesima tappa del graffiante tour europeo.
“Pretende”che tutti i cinquemila convenuti stiano disciplinatamente seduti (…) mentre da par suo incomincia verso le 22.00 – in un prologo melodicamente unplugged psichedelico – ad arpeggiare le classica “Sweet Jane” (Cotillon, 1970). E’ poi la volta dell’oscura, paranoica, “Venus in furs” (titolo omonimo di un film underground del ’65) pezzo dal lungo e tirato assolo alla viola – eseguito da una validissima session woman – e, a seguire, il sound elettricamente crudo e affilato quando c’è da ripercorrere altri noti brani d’annata quali: “Vicious”, “I’m so free” (RCA,1972),“Candy says”, una delle sue predilette (MGM, 1969).
Propone anche (ci mancherebbe) “Walk on the wild side”, capolavoro musicale nonché momento felice della sua carriera contenuto nell’album “Transformer” - prodotto da David Bowie e dal suo chitarrista di fiducia Mich Ronson (RCA, 1972) - la bella e applauditissima “Street Hassle” (Arista, 1978) e “Sunday Morning” (Verve, 1967), sempre perversamente delicata come lo era Nico Pafgen, indimenticabile “chanteuse” e modella tedesca dei Velvet Underground: band di New York (prodotta dal geniale Andy Warhol) tra le più influenti del rock della seconda metà dei ’60.
Appena accennata da poche note di chitarra e lievemente raccontata “The Raven” (2003) che conferma - in parte - “il periodo magico” dell’artista nel nuovo millennio.
Un artista irriducibile
Ancora una volta il cantautore ha dimostrato (se mai ce ne fosse bisogno) di essere uno di quelli che non mollano mai; uno dei pochi che riescono a preservare – da oltre tre decenni – alcune qualità essenziali del linguaggio rock per basso, batteria, chitarra, fiati, archi e voci bianche. Per questo è accettato e compreso anche dalle attuali generazioni di musicisti e fans.
Forza “vecchio Lou” e che il rock sia con te.
Forever.
(Foto di Tonino Uscidda / Fotogramma)
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