ARTICOLO PER IL PERIODICO VULCANO
(pubblicato sul numero 37 di maggio/giugno 2004)
A.C. DECIMO: “IL CORSARO” RACCONTA…
Intervista all’allenatore Maurizio Erbì
di Tonino Uscidda
Decimomannu, Maggio
Un’ altra impegnativa e tribolata stagione calcistica decimese è andata in archivio.
E’ stato un campionato costantemente in salita quello giocato e concluso con un “inaspettato” 6° posto dai bianco verdi capitanati da un Roberto Mingoia in gran spolvero: ben 16 le reti messe a segno dal ragazzo di Decimo. Non male anche la punta nuorese Mauro Locci con 12 centri.
Tuttavia, come non riflettere sul brutto - ma anche “sfortunato” - girone di andata che a visto i decimesi relegati nei bassi fondi della classifica tanto da costringere l’‘elettrico’ trainer di Villacidro Rossano Loi a rassegnare le dimissioni dopo la disfatta casalinga nel “derby” con i cugini rivali dell’Asseminese. A quel punto al vulcanico e ineffabile presidente Melis non restava che correre tempestivamente ai ripari ricorrendo ad un allenatore nuovo di zecca: uno che provasse a invertire repentinamente la rotta di collisione della traballante navicella decimese contro le rocce della prima categoria…
E’ stato a quel punto del campionato – in un turbinio di “misteriosa imponderabilità” che il calcio, talvolta, sa dare - che è avvenuto (fortuna loro) qualcosa di nuovo nel dopo “si salvi chi può!”.
Come per incanto – con l’arrivo del nuovo tecnico asseminese Maurizio Erbì – il vento volge a poppa nella vittoriosa trasferta di Sinnai (ultima giornata del girone d’andata) tanto che da quel momento l’intero equipaggio pedatorio – guidato con raziocinio da “Il corsaro Erbì” – comincia, giornata dopo giornata, a remare all’unisono per raggiungere quanto prima un porto tranquillo. Quello della salvezza.
Sentito al termine del lungo e insidioso viaggio tra i marosi nel girone di ritorno, il mister della provvidenza (nelle foto) ha così raccontato la prima non facile esperienza alla guida della squadra riscatto targata A.C. Decimomannu 1948. Maurizio Erbì: solo un allenatore caratterialmente “ruvido” e dalla meticolosità che nulla lascia al caso o cos’altro? “Fuori dal rettangolo di gioco sono uno che scherza, si diverte e socializza con tutti. Il dialogo è fondamentale. Nel lavoro – spiega – ognuno deve rispettare, con garbata intuitività, il proprio ruolo. Non bisogna mai perdere l’autocontrollo per non creare un cattivo spirito di gruppo nello spogliatoio”.
Ci racconti il “primo impatto” con i ragazzi…:
“E’ stato un incontro positivo. Il gruppo veniva da un periodo negativo. Ho dovuto impegnarmi al massimo per inculcare nella loro mente l’idea che con tanta buona volontà e applicazione si sarebbero potuti raggiungere gli obbiettivi prefissati dai dirigenti a inizio stagione. Per tranquillizzarli dicevo loro che era necessario affrontare la difficile situazione con più ottimismo e che per salvarci era necessario conquistare almeno 18 punti o 6 vittorie” (su 16 partite da disputare). Pensiamo che abbia dovuto, necessariamente, indossare l’abito da “psicologo dello spogliatoio”, indispensabile per mantenere unita una squadra sull’orlo del precipizio: “Si, in quel momento il problema più impellente era quello psicologico. Successivamente ho affrontato quello prettamente tecnico. L’esperienza di una decina di anni in panchina mi ha aiutato tantissimo. Fare esprimere al meglio i ragazzi non è stato semplice, ma alla fine il lavoro di tutti ha pagato”.
Ha dovuto apportare delle correzioni tattiche per migliorare il gioco deficitario?
“Certamente”. “La squadra, quando arrivai, aveva una difesa improntata per il gioco a zona. Un po’ ibrida (…) e con poca copertura difensiva. Il modulo e il sistema di gioco che io adottai si differenziò da quello di Loi: insomma un vestito fatto su misura per la squadra nel suo insieme. Siamo riusciti poi a migliorare in fase difensiva – prosegue il tecnico – tanto che i numeri della classifica ci hanno dato ragione. La media dei goal subiti è andata ad abbassarsi notevolmente rispetto alla precedente gestione tecnica”.
Quali sono stati i momenti più difficili nei quattro mesi alla guida della squadra?
“Dopo la sconfitta con la Ferrini in casa e a Jerzu. A quel punto ci aspettava ancora, in trasferta, il Sant’Antioco (squadra rivelazione del capocannoniere Mileddu). Eravamo consapevoli di dover fare ‘ tutti i costi’ un risultato positivo. Fortunatamente tutto andò per il meglio. Vincemmo per 2 a 1 grazie anche ad alcune modifiche di gioco apportate in corsa. Da quel giorno – tiene a precisare – siamo diventati una compagine dal rendimento costante”. Ogni tattica di gioco può essere vincente? “Si, se adattata alle caratteristiche degli uomini a disposizione. Nel nostro caso si è passati da un modulo non perfettamente compatibile con le caratteristiche di alcuni giocatori a un altro più organico al carattere del gruppo”.
La soddisfazione più grande:
“Quella di aver ottenuto, alla fine, un meritato 6° posto: insperato al momento del mio arrivo a Decimo. E poi la vittoria esterna nella tana della Gialeto di Serramanna (squadra vincitrice del campionato) dove nessuno era riuscito a conquistare l’intera posta in palio. Determinante – prosegue Erbì – anche la vittoria in casa con il Sarroch (diretta concorrente alla salvezza) e i tre punti conquistati nella ‘gara riscatto’ sul terreno dell’Asseminese”.
Alla luce dell’esperienza maturata sulla panca bianco verde, quale “analisi interiore” sente di fare?
“Credo di essere un allenatore che ha maturo una certa esperienza dopo tanti campionati condotti alla guida di buone squadre. I risultati ottenuti sono stati, quasi sempre, all’altezza delle aspettative…”.
L’errore che non riferebbe:
“Mah!…’ – ci pensa su qualche secondo - ‘ritengo di non aver commesso errori particolari”.
Quale futuro vede il corsaro attraverso “la sfera di cristallo”?
“Con l’aiuto dei miei ragazzi ho raggiunto anche quest’anno un ottimo risultato. Decimomannu è una buona piazza calcistica e ha una squadra di buona caratura che la rappresenta degnamente. Se i dirigenti sapranno organizzarsi sagacemente, il sottoscritto è disponibile a continuare il rapporto di collaborazione. Tutto dipenderà dai programmi”.
“Credo – conclude - che questi debbano, necessariamente, fare leva anche sull’entusiasmo e sulla ritrovata fiducia degli sportivi”.
Avvolto nel suo soprabito (con l'immancabile sigaretta tra le dita)
In panchina per un derby con l'Asseminese
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